Può sembrar strano aver deciso di parlare di lavoro di cura proprio in occasione della Giornata internazionale della Donna, perché molte delle lotte delle donne si sono concentrate sul far uscire le donne di casa e sull’avere gli strumenti per l’indipendenza economica attraverso il lavoro. Eppure è un tema strutturale che non deve essere sottovalutato, né nell’analisi storica delle lotte femminili né nella valutazione di politiche contemporanee: ricordiamo infatti, prima di tutto, che in realtà storicamente le donne non abbienti hanno sempre lavorato, spesso in ruoli pesanti nei campi o nell’industria.
Cosa è cambiato? La struttura familiare prima di tutto: da grandi famiglie che vivevano insieme in cui i figli e gli anziani erano gestiti in una piccola comunità, i nuclei si sono sempre più parcellizzati, dove le coppie sono diventate monadi che spesso vivono lontano dai luoghi d’origine… Non è inoltre raro che i figli mettano su famiglia prima che i genitori vadano in pensione. Ciò richiederebbe una maggiore equità nella gestione del lavoro di cura e del carico domestico.
Tuttavia, con la capacità di adattamento che il sistema basato su maschilismo e patriarcato possiede, questa responsabilità rimane sulle spalle delle donne per lo più. Oggi assistiamo al proliferare di trend come le trad wives o dei “guru delle relazioni” che difendono il diritto/dovere maschile di essere economicamente responsabili della famiglia mentre il lavoro di cura rimane responsabilità delle donne, anche quando lavorano. Le lotte degli anni ’70 per l’indipendenza economica dunque vengono distorte per risaldare al contrario i ruoli di genere tradizionali.
Ciò permette non solo di contrastare le trasformazioni relazionali iniziate negli ultimi decenni, ma permette alle istituzioni di risparmiare su investimenti e iniziative strutturali che richiederebbero tempo, denaro e per questo difficili da capitalizzare a livello elettorale nel breve o brevissimo periodo.
La situazione in Italia
In Italia, come in buona parte del mondo, la cura non retribuita di figli, anziani e disabili resta un’attività in gran parte appannaggio delle donne: si tratta di un fenomeno strutturale e multilivello, che riflette retaggi culturali, debolezze del welfare pubblico e persistenti disuguaglianze di genere.
Secondo le stime ISTAT, tra le persone tra i 15 e i 64 anni che si prendono cura di figli minori o di adulti bisognosi, 42,3% sono donne** rispetto al 34,5% degli uomini. Ciò si traduce in oltre 8,4 milioni di donne — contro 6,8 milioni di uomini — che si dedicano regolarmente a compiti di cura.
La cura degli anziani
Un dato emblematico emerge sul versante degli anziani: il 71% dei caregiver familiari degli anziani non autosufficienti in Italia è donna, sia che si tratti di membri della sua famiglia d’origine che di quella del marito/partner. Se si considerano le 3,3 milioni di persone occupate regolarmente nella cura di anziani, malati o disabili, si intuisce quanto questo sia un impegno rilevante, soprattutto per le donne.
Un carico su più fronti: “sandwich generation” e carico mentale
Molte donne italiane vivono nella cosiddetta “sandwich generation”, perché affrontano simultaneamente il ruolo di madre, figlia o nipote caregiver, spesso senza supporto formale. Il carico non è solo fisico, ma anche cognitivo ed emotivo: l’organizzazione della gestione familiare porta a un vero e proprio “mental load”, una sovrapposizione costante tra vita lavorativa e privata.
Studi recenti inoltre hanno quantificato le conseguenze di questa responsabilità: le donne sono molto più spesso responsabili dell’organizzazione familiare, sperimentano una maggiore fatica emotiva e rilevano un impatto negativo sul lavoro pagato.
Per averne un esempio emblematico basta tornare ai numeri della pandemia: nel 2020 in Italia 3 persone su 4 rimaste a casa erano donne, e per lo più si tratta di donne che hanno rinunciato al posto di lavoro per l’incompatibilità di occuparsi della propria famiglia in lockdown in contemporanea con le proprie mansioni professionali, svolte in smartworking o meno.
Impatti sul lavoro e sulla vita economica
La responsabilità della cura ha un forte impatto sul tasso di occupazione femminile. Sempre secondo ISTAT, tra le madri tra i 25 e i 54 anni il tasso di occupazione è del 55,5%, mentre tra i padri è dell’90,6%. Questo divario si approfondisce se aumentano i figli: a tre o più figli, l’occupazione femminile scende al 33,3% .
Nel Mezzogiorno, le differenze emergono ancora più marcatamente: il tasso di madri occupate è solo il 34,6%, contro il 68,8% del Nord. Questi numeri mostrano come la cura continui a rappresentare una barriera per le donne nel mercato del lavoro: si tratta contemporaneamente di un problema strutturale ma anche culturale.
Ma il carico domestico si traduce non solo in mancati guadagni nell’oggi, ma anche in un futuro pensionistico più precario. Oltre al problema del gender gap in ambito privato, la gestione della famiglia per le donne si traduce anche in interruzioni lavorative e congedi straordinari, ma anche a dover scegliere il part time (più o meno volontariamente). Tutte cose che si tradurranno in minori contributi.
Welfare, politiche e prassi: cosa manca
In Italia, la figura del caregiver familiare non ha ancora riconoscimento giuridico né adeguate garanzie economiche e sociali. Rimane affidata alla legge 104/1992, mentre mancano misure strutturali e tutele diffuse a favore dei caregiver.
Progetti europei come Care-Divide, attivi in paesi del Mediterraneo tra cui l’Italia, puntano a sensibilizzare imprese e istituzioni sull’esigenza di politiche di conciliazione e forme di supporto organizzativo.
La debolezza del welfare pubblico —con servizi per l’infanzia e per gli anziani limitati per disponibilità e copertura territoriale— ha portato alla prevalenza di un modello familista, in cui alla famiglia, e in particolar modo alle donne, è demandata la maggioranza delle responsabilità di cura .
Istituzioni come il CNEL e il Censis hanno evidenziato un “welfare fai-da-te”, dove 7 milioni di caregiver, perlopiù donne tra i 45 e 64 anni, operano con limitata tutela e supporto.
Verso un cambiamento culturale e normativo
Per alleggerire questo pesante carico triplice — di cura, mentale e lavorativo — è necessario agire su più fronti:
- Rafforzare le tutele legali per i caregiver familiari, riconoscendoli come soggetti economicamente e socialmente dotati di diritti.
- Ampliare e diffondere i servizi socio‑assistenziali, come asili nido, centri diurni, voucher e home care, garantendo un sistema di supporto sul territorio.
- Promuovere modelli familiari più equilibrati, anche grazie a incentivi per padri ad assumere un ruolo attivo nella cura, e politiche di congedo veramente condivisi.
- Combattere il carico mentale: introdurre strumenti lavorativi e culturali volti a rendere evidente, organizzabile e responsabilizzante il lavoro domestico ed emotivo.
Nel corso della lezione, tuttavia, ragioneremo anche come questo cambiamento non solo si può attuare, ma anche politicamente gestire. La politica infatti non solo deve riconoscere i problemi ma deve proporre soluzioni tenendo conto del bilancio pubblico. Perché se è vero che ogni donna che lavora fuori casa, secondo gli studi, genere più di altri tre posti di lavoro tra cura demandata e lavoro per rendere ciò possibile, le istituzioni devono anche ragionare su come gestire e razionalizzare le risorse.
Non si tratta, per esempio, di aprire un asilo con i costi di ristrutturazione e adattamento dell’immobile: identificare tutto il personale necessario al funzionamento della struttura, definire i costi e le tariffe, e revisionare dopo l’apertura la risposta: quanti bambini frequentano? Il servizio che ritorno ha sul territorio?
Questo esercizio si inserisce nel progetto della Scuola di Politica alla Pari proprio per andare oltre la teoria e iniziare a ragionare sulle possibilità di creare un vero cambiamento.
Fonti:
- “Lavoro di cura – FISH Onlus”
- “La conciliazione tra lavoro e famiglia – Istat”
- “In Italia è donna il 71% dei caregiver familiari di anziani”
- “Un problema nel problema: l’invecchiamento femminile – Lavoce.info”
- “Beyond Time: Unveiling the Invisible Burden of Mental Load”
- “Caregiver in Italia: chi sono e quale supporto richiedono”
- “INPS sul gender gap in Italia: per le donne salari più bassi del 20% rispetto agli uomini nel 2023”
- “Differenze di genere: i Caregiver familiari”
- “Informal caregivers in Italy: the ‘phantom zone’ of welfare – PMC”
- “Recognising and supporting caregivers: closing gender gaps in care work for a more equal and fairer system – CESIE ETS”